Glicogenosi I e prevenzione
Glicogenosi di tipo I: prevenzione delle complicanze attraverso il controllo metabolico.
(Prevention of complications in glycogen storage disease type Ia with optimization of metabolic control) Dambska1 M, Labrador1 EB, Kuo CL, Weinstein DA.
Pediatric Diabetes. 2017;1-5
Le glicogenosi sono un gruppo di malattie metaboliche rare dovute alla carenza o al deficit funzionale di uno degli enzimi coinvolti nel metabolismo del glicogeno. Caratteristica comune a tutti i tipi di glicogenosi è l’ipoglicemia determinata dal difetto nella conversione del glicogeno in glucosio. La glicogenosi di tipo I (GSD I) o malattia di von Gierke è dovuta a una disfunzione del sistema della glucosio-6-fosfatasi, tappa chiave della regolazione della glicemia. I pazienti presentano scarsa tolleranza al digiuno, epatomegalia, ritardo staturo-ponderale (che generalmente migliora con una dieta appropriata), osteoporosi, facies paffuta, ipotonia, ritardo delle acquisizioni, reni grandi e coinvolgimento delle funzioni piastriniche.
Nel 1972 è stata introdotta per la prima volta la terapia basata sulla somministrazione continua di glucosio con conseguente miglioramento dei tassi si sopravvivenza nei pazienti affetti da tale patologia. L’iperinsulinemia conseguente all’infusione di glucosio però risultava essere associata a crisi ipoglicemiche importanti con conseguenti eventi avversi per la vita in seguito a sospensione della terapia. Nel 1976 Greene e colleghi hanno introdotto la somministrazione di pasti ad alto contenuto di amido durante il giorno e la nutrizione enterale notturna per la gestione della GSD I. Dal 1982 fino ad oggi, il consumo di amido di mais crudo (UCCS) è stato il cardine della terapia per le glicogenosi, come pasto a rilascio lento di carboidrati per mantenere costante la concentrazione di glucosio nel sangue fino a 6 ore.
Negli anni ’90 è stato condotto il DCCT (Diabetes Control and Complications Trial), uno studio clinico randomizzato, multicentrico e finalizzato a confrontare il trattamento intensivo (tre o più insuline al giorno oppure microinfusore) con il trattamento convenzionale (una o due insuline al giorno).
Nel giugno del 1993, dopo un follow-up medio di 6,5 anni, lo studio è stato interrotto perché aveva raggiunto i suoi obiettivi dimostrando come il trattamento intensivo (mantenimento della glicemia ai livelli più vicini possibili a quelli normali) riduca l’insorgenza (prevenzione primaria) o rallenti la progressione (prevenzione secondaria) delle principali complicanze del diabete (retinopatia, nefropatia e neuropatia).
Poiché molte delle complicanze a lungo termine nella GSD I sono risultate essere simili a quelle osservate nel diabete, è stato ipotizzato come un miglior controllo metabolico possa ridurre allo stesso modo le comorbilità associate alla GSD I. Per ottimizzare tale controllo, sono stati attuati cambiamenti nella dieta e nel trattamento dei pazienti.
Prima dell’introduzione dell’amido di mais, veniva incoraggiata l’assunzione di pasti ad alto contenuto di carboidrati per mantenere costante la concentrazione di glucosio. La dieta non era limitata e i pazienti venivano incoraggiati a consumare pasti e spuntini frequenti. Dal momento che nella GSD I, il fruttosio e il galattosio non possono essere convertiti in glucosio, si ipotizzava che fosse da evitare l’assunzione di questi zuccheri non utilizzabili per migliorare il controllo metabolico. Dosi minori di amido di mais somministrate ogni 3-4 ore risultavano in concentrazioni di glucosio più stabili e markers metabolici migliorati. Infine, sulla base dell’esperienza nei pazienti diabetici, è stato adottato il conteggio dei carboidrati nei pazienti con GSD I, per evitare l’eccessiva conservazione di glucosio e la diminuzione della produzione di insulina endogena. Con questi cambiamenti, ci si sta avvicinando alla normalizzazione dei livelli ematici di trigliceridi, acido urico e lattato. Gli autori di questa revisione hanno esaminato le recenti evidenze scientifiche che dimostrano come le complicanze legate alla GSD I possano essere ritardate o evitate attraverso un controllo metabolico determinando così il miglioramento della prognosi.
Sulla base dei risultati ottenuti in seguito al DCCT, si è sempre più convinti dell’adozione di un trattamento intensivo per ottenere la riduzione degli affetti avversi correlati. Dalla letteratura scientifica, il rischio di complicanze sembra aumentare con valori di trigliceridi superiori a 370 mg/dL. Questa soglia è inferiore a quella che veniva raccomandata in passato.
Oggi le anomalie metaboliche non sono più da considerare parte integrante della malattia e la costruzione di una terapia personalizzata per ogni paziente deve essere garantita fino al raggiungimento del controllo metabolico.