Malattia di Pompe e terapia genica
Terapia genica per la Malattia di pompe.
(Gene Therapy for Pompe Disease: The Time is now)
Colella P. and Mingozzi F.
Hum Gene Ther. 2019
La Glicogenosi tipo 2 (GSD 2), conosciuta anche come malattia di Pompe, è una malattia causata dal deficit di alfa-1,4-glucosidasi acida (GAA), enzima che idrolizza il glicogeno in unità di glucosio, comportando un accumulo lisosomiale di glicogeno. È possibile distinguere due forme di GSD 2: a esordio infantile (Infantile-onset PD: IOPD) e a esordio tardivo (Late-onset PD: LOPD).
La IOPD è causata da un severo deficit di GAA e si manifesta generalmente, prima dei 3 mesi di vita, con cardiomiopatia ipertrofica, grave ipotonia, epatomegalia e compromissione dell’apparato respiratorio. I pazienti con LOPD invece sviluppano complicanze in età più avanzata, a livello muscolare e delle vie respiratorie e presentano un’attività enzimatica pari a circa il 20% della normale attività. La terapia enzimatica sostitutiva (enzyme replacement therapy: ERT), basata sulla somministrazione intravenosa di dosi di GAA umano ricombinante (rhGAA), rappresenta l’attuale trattamento standard dei pazienti affetti da GSD 2. L’introduzione della ERT ha rappresentato un grosso passo in avanti nella gestione dei pazienti affetti da GSD 2, ma nonostante i palesi benefici in termini di miglioramento dell’aspettativa di vita nella IOPD e di blocco della progressione della malattia nella LOPD, la ERT non rappresenta una soluzione definitiva alla cura della malattia. La limitata efficacia di tale terapia è stata attribuita alla sua farmacocinetica, che determina una limitata biodistribuzione e insufficiente e/o transitoria ricarica dell’attività enzimatica nei tessuti principalmente interessati. Inoltre, si è osservata una produzione di anticorpi anti-rhGAA neutralizzanti, associata alla riduzione dell’efficacia della ERT. Il rischio di sviluppare reazioni di ipersensibilità e risposte immunitarie umorali dirette contro rhGAA rappresenta un aspetto molto importante da valutare per ogni nuova terapia ERT. Gli ultimi studi suggeriscono che il miglioramento della farmacocinetica di rhGAA e dell’assorbimento nei tessuti coinvolti, siano i punti chiave per ottenere un miglioramento della clearance di glicogeno. Tale strategia sta alla base delle ERT di nuova generazione.
Nello studio qui presentato, gli autori hanno invece descritto le differenti terapie geniche utilizzate come alternativa al trattamento dei pazienti con GSD 2, focalizzandosi in particolare su quelle che utilizzano virus adeno-associati (AVV) come vettori per il trasferimento del gene GAA e hanno discusso i punti critici e quelli di forza dello sviluppo di nuove terapie geniche per la GSD 2. Studi preclinici hanno dimostrato che, quando il gene codificante per l’enzima GAA viene trasferito attraverso AAV, si ha una riduzione dell’accumulo di glicogeno e un miglioramento delle manifestazioni associate alla malattia. L’approfondimento dell’eziologia della GSD 2, dell’utilizzo di tecniche non invasive e dell’identificazione di forti biomarker associati alla patologia, potrebbe favorire lo sviluppo di valide terapie di nuova generazione. A tale scopo, è stato approfondito l’utilizzo di biopsie muscolari per valutare la clearance di glicogeno, l’ultrastruttura muscolare e altri parametri insieme a tecniche di imaging e marcatori meno invasivi. Tuttavia, la variabilità all’interno delle differenti tipologie di muscoli e fibre muscolari tra i soggetti e la correlazione non sempre chiara con gli endpoint della funzione respiratoria e muscolare rappresentano la sfida che i ricercatori dovranno affrontare in futuro. Sulla base dei dati emergenti provenienti da clinical trials su altri deficit proteici, la terapia genica con AVV in vivo sembra rappresentare un’ottima risorsa terapeutica e sembra apportare rilevanti benefici ai pazienti con GSD 2. Date le differenti manifestazioni associate alla GSD 2, è facile intuire che non ci sia una sola terapia genica adatta per tutte le forme di GSD 2. Gli studi clinici in corso permetteranno di valutare la sicurezza e l’efficacia delle terapie e la capacità di queste ultime di apportare i benefici clinici osservati nel lungo termine. Inoltre, saranno utili per valutare le terapie geniche specifiche per i diversi tessuti target, il transgene GAA ed eventualmente il capside virale.